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arrow"Gli slogan fanno male alla PA"

Trascrizione dell'intervento del Segretario di Stato per gli Affari Interni e la Funzione Pubblica, Elena Tonnini, nella seduta del Consiglio Grande e Generale del 18 ottobre 2022
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"Ho notato che molti Consiglieri, intervenendo su questo comma (progetto di legge “Riforma delle norme di disciplina per i dipendenti pubblici”) in realtà hanno fatto un po’ un quadro sulla PA utilizzando quelli che secondo me sono elementi assolutamente deleteri per la Pubblica Amministrazione. Quando si parla di PA spesso si ragiona per slogan: ho sentito parlare di progressiva precarizzazione della dirigenza, di minore autonomia della dirigenza, della politica che ancora interviene limitando il dirigente. Io credo invece che con questo governo, in questa legislatura, si sia andati in direzione esattamente contraria. Un conto è avere visioni diverse sul metodo di gestione e sulla struttura della Pubblica Amministrazione, e questo è assolutamente legittimo. Ma se come motivazione alla base si utilizzano dei puri slogan quando la realtà, a livello di fatti dice l’esatto contrario, secondo me questo è un utilizzo strumentale che non è utile nel cercare di migliorare il percorso di efficacia, efficienza, legalità nella PA.

Qualcuno ha fatto confusione spesso e volentieri tra Commissione disciplina e l’assegnazione di obiettivi ai dirigenti. Un conto è la riforma delle norme di disciplina dei dipendenti pubblici e, concordo con il Cons. Montemaggi, che non è una riforma della PA, infatti è la riforma delle norme disciplina, quindi va a riformare questo elemento specifico, è un tassello all’interno della progressiva riforma della PA.
Dall’altra parte molte considerazioni erano riportate con un provvedimento che è stato già adottato da quest’Aula, il decreto 94/2021, che attribuisce valutazione alla dirigenza. Qui si è detto che questo progetto di legge vuole togliere autonomia ai dirigenti, aumentare il potere della politica ecc. Queste sono tutte valutazioni che cadono nel vuoto.

Tengo a ribadire che se da un parte è vero che a volte in passato si è raggiunta la spending review evitando di dare obiettivi ai dirigenti e, conseguentemente, evitando di dare la retribuzione di risultato è anche vero che, quando la spending review non è stata attuata, prima del decreto 94/2021 sulla valutazione dirigenziale, il metodo era che i Segretari di Stato direttamente davano la retribuzione di risultato spesso e volentieri a pioggia, senza un vero criterio meritocratico oppure sceglievano discrezionalmente e dicevano che un dirigente, nonostante avesse raggiunto dei buoni obiettivi con il proprio ufficio, non doveva più continuare il proprio percorso e quindi si rescindeva il contratto. E questo lo decideva la politica. Perché? Perché mancavano delle procedure precise per l’individuazione di obiettivi e quindi la verifica sul raggiungimento di questi obiettivi, inserita con il decreto sulla valutazione della dirigenza 94/2021. Decreto che non accentra potere sulla Direzione Generale Funzione Pubblica (DGFP), come asserito da qualcuno, perché l’indicazione degli obiettivi e la valutazione sul raggiungimento degli obiettivi è in capo ai singoli Direttori di Dipartimento a cui il dirigente, quindi il suo Ufficio, afferisce. Ad esempio, per il Direttore dell’Ufficio Attività Economiche, gli obiettivi vengono dati e valutati dal Direttore del Dipartimento Economia, non dalla DGFP. Quindi per ogni ufficio e dirigente il referente per l’identificazione degli obiettivi e la loro valutazione è il Direttore di Dipartimento.

A cosa serve la DGFP? Serve a fare in modo che in maniera univoca tutti i direttori di dipartimento cerchino di dare ai Dirigenti un giusto e congruo numero di obiettivi da raggiungere (per evitare che a un dirigente vengano dati 10 obiettivi difficili e un altro dirigente vengano dati 5 obiettivi estremamente semplici) e uniformare così il processo di valutazione. A questo serve la DGFP, non certo ad accentrare il potere ma serve come elemento di garanzia per l’uniformità.

Poi è stato detto “la politica continua ad avere potere sui dirigenti”. È l’esatto contrario: tutti gli interventi fatti, compreso questo, vanno nella direzione di dare maggiore autonomia ai dirigenti. Fino all’introduzione della modifica del regolamento contabile, i dirigenti avevano un potere di spesa di 2.600,0 euro. Giustamente qualcuno ha detto “i dirigenti devono raggiungere gli obiettivi”.
Bene, per farlo devono avere strumenti: strumenti contabili e strumenti di gestione. Gli strumenti contabili sono stati dati attraverso la revisione del Regolamento di contabilità (Decreto 200/2020) dove finalmente il Congresso di Stato diminuisce il proprio potere di spesa per conferirlo ai dirigenti. Questo non è dare più potere alla politica, è invece togliere potere alla politica per dare più potere ed autonomia ai dirigenti. Allo stesso modo, non è più il legislatore (quindi, semplificando, la politica) a dire al dirigente “quell’ufficio lo devi gestire in questo modo, con questi responsabili ecc” ma abbiamo dato la gestione dell’ufficio in capo ai singoli dirigenti i quali possono identificare le Posizioni Organizzative superando progressivamente le figure fisse attribuite per legge (quindi, semplificando, dalla politica,) su quante figure di Responsabili ci dovessero essere all’interno dell’ufficio.  Tutti elementi che tolgono potere al Congresso di Stato per conferirlo in autonomia e responsabilità ai dirigenti.  Qui allo stesso modo. Nella stessa linea si va ad attribuire al dirigente il potere di avviare (avviare, non decidere) la procedura disciplinare nei confronti di un dipendente. A seconda della gradualità (ammonizione, censura, sospensione, licenziamento), la decisione viene attribuita: nel caso dell’ammonizione sempre al dirigente; nel caso di censura la decisione è del dirigente e contestuale al parere del Direttore Risorse Umane e Organizzazione (Direttore RUO) con il coinvolgimento della Commissione di Disciplina.

Per rispondere anche al Consigliere Selva, gli unici casi in cui l’avvio è in mano al Direttore RUO o al Direttore dell’ISS sono per l’azione disciplinare che scaturisce da comunicazione dell’Autorità Giudiziaria, nel momento in cui questo è conseguente a una condanna definitiva del dipendente con pena restrittiva della libertà o  pena interdittiva dagli uffici pubblici superiore a due anni. Questi sono gli unici casi in cui l’avvio dell’azione disciplinare è in capo al Direttore RUO."

 

San Marino, 18 ottobre 2022/1722 d.F.R.

 

 

 

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